Il trail running era già da qualche anno una disciplina in crescita, ma per questa stagione è pronto ad affermarsi come trend principale. Dal neofita all’esperto, con richieste diverse ma con la stessa voglia di vivere la propria passione in natura. Come per lo scialpinismo, diventato lo sport rivelazione dell’inverno appena passato, complice il distanziamento sociale e la chiusura degli impianti, la pandemia ha spinto molti runner di strada o neofiti a intraprendere i sentieri e a correre nella natura. A confermarlo sono i brand che abbiamo interpellato nella nostra inchiesta, che verrà pubblicata sul prossimo numero di Outdoor Magazine e di cui vi forniamo un estratto in questo articolo.
A intervenire in questa prima puntata sono stati i brand top player del mondo del running, trail e strada: Crazy, Saucony, La Sportiva, Mizuno, Brooks, Dynafit, SCARPA e Scott.
Rispetto a come è partito il 2021 tutte le aziende sono positive: “Il 2021 direi che, nonostante tutto, è partito bene sia dal punto di vista di consegne, sia per quanto riguarda il sell out che procede in positivo. La parte di campagna vendite per l’autunno inverno prossimo ha dato segnali importanti per la categoria running, trail e abbigliamento” queste le parole di Andrea Leo di Mizuno. Già in questi primi mesi dell’anno, si registra una crescita e per i brand specializzati nel road running inizia a mostrarsi un piccolo cambio di rotta verso il trail. “Per noi il segmento road resta inarrivabile in termini di volumi, assortimento e peso specifico nei fatturati. A questo però abbiamo aggiunto la grande opportunità del trail, che offre ampi margini di crescita. Non a caso da fine 2019 è in atto un percorso di R&D guidato direttamente dai nostri HQ a Seattle e sviluppato in collaborazioni con le diverse sedi continentali, dedicato a questo segmento”, dichiara Marco Alfieri di Brooks Running.
Rispetto ai canali distributivi è interessante scoprire che oltre all’online, diventato una forte tendenza nell’ultimo anno come dichiara Morgan Guizzo di Saucony (“Era prevedibile, perché fisiologico, che il nostro e-commerce crescesse in maniera significativa”), anche lo spazio riservato al trail cresce nei negozi fisici. “Sono cresciuti i negozi di outdoor specializzati che hanno ampliato lo spazio trail, ma l’interesse maggiore è giunto dai negozi running, finora concentrati sulla strada e sulla pista, che iniziano a vedere in questa disciplina un potenziale”, afferma infatti Luca Salini di Crazy. Ed è Alfieri a confermare che “la distribuzione dei prodotti trail è cresciuta in maniera uniforme nei differenti canali di vendita di nostra competenza. In particolare quello dei negozi running specializzati, che stanno traendo maggiore vantaggio dal movimento trail. La ricerca di un servizio made to measure, con assistenza e consulenza profonda, e il desiderio di trovarsi di fronte a un assortimento variegato portano il cliente finale a individuare nello specializzato il canale più importante per approcciarsi a questa linea di prodotti”.
Sul profilo del consumatore sono tutti concordi: dal runner di strada che, complice il distanziamento e l’assenza di gare, si mette in gioco nel trail, il trail runner esperto, ma soprattutto i camminatori che prediligono scarpe da trail anche per l’escursionismo, nonché le donne in forte crescita. “Credo che ci siano parecchi neofiti della corsa, ma ancor di più i camminatori di montagna orientati a un prodotto leggero, comodo e versatile come la scarpa da trail running. Nello specifico la percezione è che ci sia stata una crescita delle donne e dei giovani fra i 20 e 30 anni”, queste le parole di Marco De Gasperi di SCARPA
Trail
Le gare di Trail Running con un percorso di lunghezza inferiore ai 42 km sono definite trail e sono caratterizzate in genere da dislivelli che si aggirano sui 3000 metri (positivi e negativi).
Ultra trail
Le gare di Trail Running il cui percorso superi i 42 km e/o i 4000 metri di dislivello positivo/negativo, sono genericamente definite Ultra o Ultra-Trail e, secondo ITRA, sono così suddivise:
I CONTRO. Correre comporta senz’altro un maggiore rischio di infortuni: più della metà di chi fa jogging incorre, prima o poi, in una lesione, in problemi al tendine d’Achille o in dolori legati allo stress fisico come fascite tibiale o plantare (l’infiammazione dei muscoli all’interno della gamba o della pianta del piede).
Le probabilità di farsi male durante lo sport sono maggiori del 25% in un giovane runner maschio rispetto a chi cammina. Solo l’1% dei camminatori si infortuna. Il motivo è da cercare nell’impatto con il suolo: la forza di reazione del terreno durante la corsa è pari a 2,5 volte il peso corporeo, nella camminata, è di 1,2 volte.
I PRO. Altrettanto evidenti sono i benefici della corsa costante: chi fa jogging abitualmente, a parità di condizioni ed esclusi altri fattori, vive più a lungo di chi non lo fa (in media 3,8 anni in più per gli uomini e 4,7 per le donne), perché si riducono i rischi di malattie cardiovascolari. Anche camminare, tuttavia, comporta grandi benefici per la salute, e data la quasi assenza di rischi, più lo si fa, meglio è. Come scegliere, di nuovo?
IL GIUSTO EQUILIBRIO. La chiave è, come spesso accade, nella moderazione. Sempre più ricerche dimostrano che l’allenamento a una corsa strenua e faticosa – come per il triathlon – può portare a problemi cardiaci. Tra il running e la mortalità c’è una curva di relazione a U: troppo poco non fa molto, e troppo fa male. L’ideale è una corsa a ritmo moderato per due-tre volte alla settimana. Correre tutti i giorni a ritmo sostenuto, per un totale di più di quattro ore a settimana, sembra non fare altrettanto bene !
Oltre 2 mila anni fa la Francia era occupata da una popolazione celtica che i Romani chiamavano Galli e nel vocabolario degli antichi romani gallus indicava indifferentemente il volatile o l’abitante della Gallia. I celti portavano sull’elmo di guerra due ali di gallo come simbolo della propria forza.
Infatti il gallo ha un grande valore simbolico in quanto rappresenta la fede e la luce. Il canto del gallo ogni mattina rappresenta il trionfo della luce sulle tenebre, del bene sul male. Da questo simbolismo pagano discende il gallo quale emblema della Francia.
Quali sono i vantaggi dei prodotti GORE-TEX?
Le tecnologie dei prodotti GORE-TEX danno diversi vantaggi all’abbigliamento e alle calzature:
Impermeabilizzazione durevole: i pori della membrana GORE-TEX sono 20.000 volte più piccoli di una goccia d’acqua, per questo è completamente impermeabile. Chi la indossa è quindi protetto dalle intemperie. Traspirabilità: i pori GORE-TEX sono anche 700 volte più grandi di una molecola di vapore acqueo, quindi il sudore può fuoriuscire facilmente dall’indumento, soprattutto durante uno sforzo fisico intenso. Resistenza al vento: grazie alla sua struttura, la membrana GORE-TEX protegge anche dal vento e limita quindi il raffreddamento (quando il vento freddo soffia attraverso l’indumento, privando il corpo del calore creato dalla pelle).
Le tecnologie GORE-TEX nelle calzature:
Utilizziamo due tecnologie GORE-TEX nelle calzature Salomon:
Calzature GORE-TEX (Extended Comfort Footwear): con una traspirabilità ottimizzata e la protezione GUARANTEED TO KEEP YOU DRY™, le scarpe che utilizzano questa tecnologia sono durevolmente impermeabili e traspiranti. Ci affidiamo a questa tecnologia per progettare le nostre calzature, che vengono spesso utilizzate in condizioni umide, come le escursioni in montagna o il trail running.
GORE-TEX Invisible Fit: questa tecnologia consente alla membrana GORE-TEX di essere integrata senza soluzione di continuità e in modo invisibile nelle calzature (senza cuciture), il che produce una scarpa leggera, ma al tempo stesso impermeabile e molto traspirante. Inoltre, permette un processo di asciugatura più veloce.
James Naismith (1861-1939), insegnante di educazione fisica canadese, ma naturalizzato statunitense, in servizio allo Springfield College, in Massachusetts è l’inventore del gioco del basket (pallacanestro in Italia).
Nel 1891, per far divertire i suoi ragazzi nei rigidi mesi invernali, si inventò un nuovo, semplice gioco da praticare in palestra: appese a un muro un cesto in vimini (per raccogliere le pesche) e invitò i giovani a tirarci dentro un pallone. Naismith prese spunto da un gioco della sua infanzia, Duck-ona-rock (anatra su una roccia), in cui la regola principale era il tiro a parabola di un sasso. In due settimane presentò al college il regolamento
La prima partita si giocò il 15 dicembre (finì peraltro 1 a 0, non un grande risultato) e il successo fu tale che in due settimane Naismith formalizzò le regole base , pubblicandole già nel gennaio 1892. Visto che inizialmente toccava ricorrere a una scala per recuperare la palla che finiva nel cesto, si decise di tagliarne la parte inferiore. La classica retina sarebbe arrivata invece solo nel ‘900. Inizialmente i giocatori erano 9 per squadra e il campo di gioco era la metà di quello odierno.
Un tessuto impermeabile leggerissimo per il mare o il tempo libero !
1. Migliorano l’equilibrio
Partiamo infatti dal presupposto che avere 4 punti d’appoggio (quattro zampe) anziché 2 rappresenta un indiscusso vantaggio, prima di tutto in termini di equilibrio. Sono state tantissime le volte in cui ho pensato che quel passaggio non sarei riuscita ad affrontarlo altrettanto facilmente senza i bastoncini da trekking. Ma soprattutto, sono state innumerevoli le volte che i bastoncini mi hanno risparmiato un banale quanto rovinoso scivolone!
Le situazioni possono essere le più disparate: un terreno scivoloso coperto di foglie, un guado da superare, un tratto che presenta ancora neve residua dell’inverno, una discesa un po’ più impegnativa e così via.
2. Aiutano la distribuzione del peso
Il secondo vantaggio evidente è la distribuzione del peso. In questo caso infatti il peso del corpo e dello zaino che, normalmente, viene scaricato su ginocchia e articolazioni, viene in parte assorbito dalle braccia. In questo modo si “scarica” il carico da schiena, spalle, collo e gambe.
Agli amanti del fitness è già saltato all’occhio come la distribuzione del carico si rifletta inevitabilmente nel rafforzamento dei muscoli dell’upper body. Braccia (soprattutto i tricipiti), spalle e pettorali non sono più meri spettatori, ma vengono coinvolti direttamente nell’attività.
Gli squadroni che praticano nordic walking in argine questa cosa la sanno bene!
4. Aiutano la corretta respirazione
Obbligando a tenere le braccia aperte di fronte al corpo, i bastoncini da trekking impongono a chi li usa una postura decisamente più eretta che a sua volta permette un’apertura maggiore della cassa toracica. Di conseguenza migliora anche la respirazione.
5. Effetto bacchetta magica
Ultimo ma non ultimo, il bastoncino da trekking può essere utile anche in situazioni di emergenza. Stai pensando ad usarlo come stecca nel caso qualcuno si fratturi un arto? Giustissimo, ma io pensavo più al districarmi tra i mughi per arrivare al bivacco o a dover scacciare una mucca che ti importuna durante la Traversata Carnica? E che dire di usarli come treppiede per scattarti una foto con autoscatto?
Come regolare l’altezza dei bastoncini da trekking
Regolare l’altezza (o la lunghezza, come dir si voglia) dei bastoncini è semplicissimo: impugnando il bastoncino in posizione eretta l’angolo tra il braccio e l’avambraccio dev’essere di 90°.
Come regola generale, questa va benissimo, soprattutto se cammini in piano. Generalmente io tendo a modificarla durante il trekking: aumentando leggermente l’altezza quando sono in discesa e diminuendola in salita, fino a chiudere i bastoncini a ridosso di pareti verticali.
Tutto ciò, ovviamente, a patto che tu abbia acquistato un paio di bastoncini telescopici .
Se ci fosse una singola caratteristica definitiva che possa sintetizzare l’essenza di Crocs, questa sarebbe l’ingenuità – quello stesso tipo di ingenuità che ha decretato il successo dell’arte naïf. La semplicità e la rotondità della loro silhouette ha un che di infantile – ed è precisamente questo il tratto che le ha portate, negli ultimi cinque anni, a calcare le passerelle di Christopher Kane e Balenciaga, oltre che a essere le protagoniste di innumerevoli collaborazioni di cui l’ultima è quella con Nicole McLaughlin. Ma la storia di Crocs risale ai primissimi anni 2000, anzi proprio al 2002, quando i primi duecento paia di clog di resina brevettata e modellata vennero presentati al Fort Lauderdale Boat Show facendo il tutto esaurito.
Oggi, diciannove anni e trecento milioni di scarpe vendute dopo, le Crocs sono diventate un fenomeno culturale ma nel luglio del 2002, quando i tre fondatori del brand, Lyndon Hanson, Scott Seamans, e George Boedecker, le presentarono a Fort Lauderdale il gigantesco impatto che i clog avrebbero avuto non era stato ancora percepito in tutta la sua colossale grandezza. Il materiale con cui sono composte si chiamava Croslite, una resina dotata di una particolare qualità shockproof che la rendeva ideale per assorbire urti e vibrazioni e distribuire correttamente il peso del piede. L’impermeabilità del Croslite, inoltre, impediva anche l’assorbimento di sudore o la stagnazione dell’acqua, rendendo dunque impossibile la nascita di batteri, odori e anche l’usura di solito portata dall’umidità.
La loro iniziale destinazione erano i deck delle barche: la leggerezza, resistenza e impermeabilità oltre che facilità di lavaggio era pensata per il mondo del sailing. Ma dopo l’esordio a Fort Lauderdale, ci si rese conto del loro effettivo potenziale quando intere legioni di kitchen workers e infermieri avevano già iniziato a usarle – a quel punto anche le fasce più alte della clientela iniziarono a sperimentarle. Il loro breakout year fu il 2006, anno in cui Jennifer Huget del Washington Post scriveva: «Si sono diffuse come un’infestazione». La storia di Crocs è la storia di un successo virale: nate come scarpe da barca impermeabili, arieggiate e anti-odori si diffusero quasi tramite il passa-parola in una dimensione che non poteva essere più lontana da quella della moda. Huget scriveva nell’agosto del 2006:
«Gli impiegati dei ristoranti furono i primi ad adottarle, come anche dottori e infermieri, per i quali vennero sviluppati modelli chiusi e senza buchi della ventilazione. Crocs creò addirittura colori come il salvia e l’azzurro per abbinarli ai camici. Il più importante sostenitore di Crocs fu il celebrity chef Mario Batali – e completamente pro bono. Nel 2006, Crocs Inc. prevede vendite per 200 milioni di dollari».
La loro ascesa sociale, iniziata nelle cucine newyorchesi, portò le Crocs fino alla Casa Bianca: l’allora presidente Bush le indossò in combo con un paio di calzini nel 2007 suscitando non poche ironie.Nel 2009 era la first lady Michelle Obama a indossarne un paio insieme alla figlia. Quando debuttarono ai piedi di Bush il fatto fu scioccante per il pubblico, eppure esso testimonia l’ubiquità sociale delle Crocs – la loro natura era così squisitamente utilitaristica che indossarle non era un significante sociale di alcun tipo, era semplicemente comodo, e per questo il Presidente degli Stati Uniti le indossava nel suo tempo libero. La silhouette Crocs riuscì cioè a trovare un loophole nelle complicate regole socio-antropologiche che regolano il mondo della moda: tramite quella breccia, la fama del foam clog dilagò ovunque.
Nel frattempo le scarpe si attiravano addosso le satire di mezzo mondo: Bill Maher le sbeffeggiò in pubblico, le riviste Maxim e Time le inclusero nelle classifiche degli oggetti più brutti e Steve Tuttle di Newsweek scrisse un intero saggio anti-Crocs che polarizzò l’opinione dei suoi lettori. Ovviamente anche la cattiva pubblicità non solo contribuiva a farne parlare, ma le rendeva un oggetto di culto, un topic culturale – oltre che l’incarnazione ideale di quel feticismo un po’ barocco che la nostra società prova per l’eccentrico e il disarmonioso. Prima di essere una scarpa, le Crocs diventarono uno statement.
In tutto ciò, il brand continuava a crescere, ogni sberleffo serviva solo a farne radicare il nome nella pop culture e proprio in questo stava la loro forza: fin dal loro inizio le Crocs si situarono in una zona del mercato che il cambiamento dei trend non toccava. Mentre le mode del lusso andavano e venivano, le Crocs continuavano a essere comprate perché servivano alla gente – non i glitterati che popolavano i front row di Milano e Parigi, ma gli innumerevoli umili lavoratori di tutto il mondo. Furono loro a tenere a galla il brand durante e dopo la crisi del 2008, quando le revenue crollarono del 30%, perse 185,1 milioni di dollari e dovette tagliare duemila posti di lavoro.
Ma la crisi passò, l’azienda sopravvisse e tornò a vendere. Fast-forward a otto anni dopo: siamo alla London Fashion Week SS17, si sta svolgendo la sfilata dell’ultima collezione di Christopher Kane quando ogni modella salì sulla passerella indossando un paio di Crocs marmorizzate e adorne di gemme preziose.
Fu uno shock. Lo stesso Kane, quando gli venne domandato perché le avesse scelte disse:
«Le Crocs sono forse le scarpe più comode del mondo. Mi piace il fatto che siano strane e che alcuni le possano percepire come brutte. Hanno una forma ingenua e infantile – e mi piacciono specialmente quando fanno sembrare i piedi un po’ grossi».
Si era ancora a una stagione di distanza dal trend delle ugly/chunky shoe che Demna Gvasalia avrebbe lanciato con la collezione FW17 di Balenciaga solo qualche mese dopo – una coincidenza temporale che dimostra come i tempi fossero maturi per l’accettazione delle Crocs nel mondo della moda. Fu proprio Gvasalia a cogliere al volo lo spunto e, già un anno dopo, nella collezione SS18 di Balenciaga appariva la prima collaborazione fra Gvasalia e Crocs.
Fu Gvasalia e la troll fashion lanciata con Vetements a sdoganare le Crocs – quelle di Balenciaga registrarono il sold-out addirittura prima di arrivare nei negozi. Poi venne il trend delle ugly shoes, dello streetwear trend che portò infinite celebrità a farsi paparazzare in tuta e ciabatte: per essere cool bisognava fregarsene e niente ostentava menefreghismo come le Crocs. La profezia di Christopher Kane si stava avverando. A quel punto il brand aveva già una certa età e il fascino della nostalgia dei primi anni 2000 si faceva sentire. La straordinaria impennata che il brand ebbe in questa fase fu dovuta alla diffusione dell’ironia della moda di cui la cosiddetta “estetica del brutto” fu il più immediato riflesso.
Iniziò una stagione molto feconda di collaborazioni per il brand. Nel giugno del 2018 il brand Alife collaborò con Crocs, nel dicembre dello stesso anno uscivano i modelli firmati da Post Malone e a gennaio toccò a PLEASURES. Alla fine dello stesso mese fu la volta di Chinatown Market, a febbraio PizzaSlime trasformò il clog in cross-body bag, ad aprile toccò a Beams e Hender Scheme e tra luglio e agosto Chinatown Market e PLEASURES presentarono i secondi capitoli delle rispettive collaborazioni mentre, a dicembre, fu Post Malone a rinnovarla.
Il 2020, con tutti i suoi disastri, non è riuscito a fermare l’avanzata di Crocs: KFC ha presentato le sue Crocs nel febbraio di quest’anno; PEEPS a marzo; Beams ad aprile con la terza collaborazione; a maggio Chaos Fishing Club ne creò un paio fosforescente, ad agosto Grateful Dead e Chinatown Market lanciarono un paio tye-dye e Journal Standard un paio in pelle; a settembre arrivò la terza collaboraizone con PLEASURES e la prima con Bad Bunny, un’altra con Nicole McLaughlin e, infine, quella con Justin Bieber. Una serie di collaborazioni stupefacente che però conferma lo status di icona culturale di cui oggi gode il brand – oltre che la sua straordinaria versatilità. Come Michelle Poole, vicepresidente del Global Product & Marketing di Crocs, ad Highsnobiety:
Zaino adatto per il trasporto dei Vs. piccoli che sanno stare seduti bene in autonomia fino ad un peso massimo di 20 kg. La struttura in alluminio molto leggera è dotata anche di basamento per appoggiare meglio lo zaino a terra per un miglior inserimento del piccolo passeggero.Ha dorso imbottito in rete traspirante con il sistema SPEEDY SYSTEMregolabile in altezza. Spallacci e cintura a vita imbottiti, regolabili e sagomati, cinturino pettorale con fischietto. Importantissima è la chiusura di sicurezza anti schiacciamento del bambino che non consente alla struttura di chiudersi. La seduta del bambino è imbottita per garantire un confort maggiore e ha cintura di sicurezza a forma di bretella e cinghie per la regolazione in altezza del seggiolino adeguandolo alla crescita del bambino . Importantissime sono le cinghie regolabili per poggiare i piedi del bambino per non averli a penzoloni. E’ dotato di poggiatesta imbottito e la parte anteriore dove appoggiano la boccuccia è anche asportabile e lavabile. Tasche esterne porta oggetti e tasche laterali in rete porta peluche e piccola taschina su cinturone a vita. Dotato di tettuccio imbottito parasole in caso di pioggia lieve o forte vento si puo’ coprire con il cover riposto sulla tasca posteriore della capotta al contrario di pioggia intensa si utilizza il copri zaino impermeabile inserito sul fondo per coprire tutto lo zaino.
1. Cinghia a vita regolabile
2. Spallacci imbottiti, regolabili in base all’altezza del bambino
3. Cinghie per l’appoggio dei piedi, regolabili in base alla statura dei bambini
4. Cinghia per la regolazione in altezza del seggiolino adeguandolo alla crescita del bambino
PERCORSI 2021:
Oggi vi presentiamo il secondo dei quattro percorsi di Gara, CITYLIFE SMART CUP 9.9KM.
CityLife, di nuovo accanto alla nostra Gara per regalarci percorsi sempre nuovi. La Gara Smart da 9.9km è una gara per tutti, che siate neofiti della corsa o assidui corridori della distanza da 10k.
Partiremo da CityLife per affrontare prima MiCo con le sue torri, poi la Collina Alfa Romeo con la sua salita tutta in curva. Torneremo verso MiCo con un nuovo passaggio e ci godremo il Velodromo Vigorelli prima di rientrare nel Parco CityLife, scoprire il nuovo percorso del parco e concludere la Gara.
Anche sulla distanza da 9,9km, per ogni iscritto, doneremo 2 Euro per sostenere la Ricerca del Centro Cardiologico Monzino.
Ogni iscritto potrà decidere di donare una quota aggiuntiva utilizzando l’apposito campo all’interno della scheda di iscrizione.
Cosa aspettate ad unirvi a noi?
ISCRIZIONI: www.runningmilano.inf
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