Se ci fosse una singola caratteristica definitiva che possa sintetizzare l’essenza di Crocs, questa sarebbe l’ingenuità – quello stesso tipo di ingenuità che ha decretato il successo dell’arte naïf. La semplicità e la rotondità della loro silhouette ha un che di infantile – ed è precisamente questo il tratto che le ha portate, negli ultimi cinque anni, a calcare le passerelle di Christopher Kane e Balenciaga, oltre che a essere le protagoniste di innumerevoli collaborazioni di cui l’ultima è quella con Nicole McLaughlin. Ma la storia di Crocs risale ai primissimi anni 2000, anzi proprio al 2002, quando i primi duecento paia di clog di resina brevettata e modellata vennero presentati al Fort Lauderdale Boat Show facendo il tutto esaurito.
Oggi, diciannove anni e trecento milioni di scarpe vendute dopo, le Crocs sono diventate un fenomeno culturale ma nel luglio del 2002, quando i tre fondatori del brand, Lyndon Hanson, Scott Seamans, e George Boedecker, le presentarono a Fort Lauderdale il gigantesco impatto che i clog avrebbero avuto non era stato ancora percepito in tutta la sua colossale grandezza. Il materiale con cui sono composte si chiamava Croslite, una resina dotata di una particolare qualità shockproof che la rendeva ideale per assorbire urti e vibrazioni e distribuire correttamente il peso del piede. L’impermeabilità del Croslite, inoltre, impediva anche l’assorbimento di sudore o la stagnazione dell’acqua, rendendo dunque impossibile la nascita di batteri, odori e anche l’usura di solito portata dall’umidità.
«Gli impiegati dei ristoranti furono i primi ad adottarle, come anche dottori e infermieri, per i quali vennero sviluppati modelli chiusi e senza buchi della ventilazione. Crocs creò addirittura colori come il salvia e l’azzurro per abbinarli ai camici. Il più importante sostenitore di Crocs fu il celebrity chef Mario Batali – e completamente pro bono. Nel 2006, Crocs Inc. prevede vendite per 200 milioni di dollari».
La loro ascesa sociale, iniziata nelle cucine newyorchesi, portò le Crocs fino alla Casa Bianca: l’allora presidente Bush le indossò in combo con un paio di calzini nel 2007 suscitando non poche ironie.Nel 2009 era la first lady Michelle Obama a indossarne un paio insieme alla figlia. Quando debuttarono ai piedi di Bush il fatto fu scioccante per il pubblico, eppure esso testimonia l’ubiquità sociale delle Crocs – la loro natura era così squisitamente utilitaristica che indossarle non era un significante sociale di alcun tipo, era semplicemente comodo, e per questo il Presidente degli Stati Uniti le indossava nel suo tempo libero. La silhouette Crocs riuscì cioè a trovare un loophole nelle complicate regole socio-antropologiche che regolano il mondo della moda: tramite quella breccia, la fama del foam clog dilagò ovunque.
Nel frattempo le scarpe si attiravano addosso le satire di mezzo mondo: Bill Maher le sbeffeggiò in pubblico, le riviste Maxim e Time le inclusero nelle classifiche degli oggetti più brutti e Steve Tuttle di Newsweek scrisse un intero saggio anti-Crocs che polarizzò l’opinione dei suoi lettori. Ovviamente anche la cattiva pubblicità non solo contribuiva a farne parlare, ma le rendeva un oggetto di culto, un topic culturale – oltre che l’incarnazione ideale di quel feticismo un po’ barocco che la nostra società prova per l’eccentrico e il disarmonioso. Prima di essere una scarpa, le Crocs diventarono uno statement.
In tutto ciò, il brand continuava a crescere, ogni sberleffo serviva solo a farne radicare il nome nella pop culture e proprio in questo stava la loro forza: fin dal loro inizio le Crocs si situarono in una zona del mercato che il cambiamento dei trend non toccava. Mentre le mode del lusso andavano e venivano, le Crocs continuavano a essere comprate perché servivano alla gente – non i glitterati che popolavano i front row di Milano e Parigi, ma gli innumerevoli umili lavoratori di tutto il mondo. Furono loro a tenere a galla il brand durante e dopo la crisi del 2008, quando le revenue crollarono del 30%, perse 185,1 milioni di dollari e dovette tagliare duemila posti di lavoro.
Ma la crisi passò, l’azienda sopravvisse e tornò a vendere. Fast-forward a otto anni dopo: siamo alla London Fashion Week SS17, si sta svolgendo la sfilata dell’ultima collezione di Christopher Kane quando ogni modella salì sulla passerella indossando un paio di Crocs marmorizzate e adorne di gemme preziose.
Fu uno shock. Lo stesso Kane, quando gli venne domandato perché le avesse scelte disse:
«Le Crocs sono forse le scarpe più comode del mondo. Mi piace il fatto che siano strane e che alcuni le possano percepire come brutte. Hanno una forma ingenua e infantile – e mi piacciono specialmente quando fanno sembrare i piedi un po’ grossi».
Si era ancora a una stagione di distanza dal trend delle ugly/chunky shoe che Demna Gvasalia avrebbe lanciato con la collezione FW17 di Balenciaga solo qualche mese dopo – una coincidenza temporale che dimostra come i tempi fossero maturi per l’accettazione delle Crocs nel mondo della moda. Fu proprio Gvasalia a cogliere al volo lo spunto e, già un anno dopo, nella collezione SS18 di Balenciaga appariva la prima collaborazione fra Gvasalia e Crocs.
Fu Gvasalia e la troll fashion lanciata con Vetements a sdoganare le Crocs – quelle di Balenciaga registrarono il sold-out addirittura prima di arrivare nei negozi. Poi venne il trend delle ugly shoes, dello streetwear trend che portò infinite celebrità a farsi paparazzare in tuta e ciabatte: per essere cool bisognava fregarsene e niente ostentava menefreghismo come le Crocs. La profezia di Christopher Kane si stava avverando. A quel punto il brand aveva già una certa età e il fascino della nostalgia dei primi anni 2000 si faceva sentire. La straordinaria impennata che il brand ebbe in questa fase fu dovuta alla diffusione dell’ironia della moda di cui la cosiddetta “estetica del brutto” fu il più immediato riflesso.
Iniziò una stagione molto feconda di collaborazioni per il brand. Nel giugno del 2018 il brand Alife collaborò con Crocs, nel dicembre dello stesso anno uscivano i modelli firmati da Post Malone e a gennaio toccò a PLEASURES. Alla fine dello stesso mese fu la volta di Chinatown Market, a febbraio PizzaSlime trasformò il clog in cross-body bag, ad aprile toccò a Beams e Hender Scheme e tra luglio e agosto Chinatown Market e PLEASURES presentarono i secondi capitoli delle rispettive collaborazioni mentre, a dicembre, fu Post Malone a rinnovarla.
Il 2020, con tutti i suoi disastri, non è riuscito a fermare l’avanzata di Crocs: KFC ha presentato le sue Crocs nel febbraio di quest’anno; PEEPS a marzo; Beams ad aprile con la terza collaborazione; a maggio Chaos Fishing Club ne creò un paio fosforescente, ad agosto Grateful Dead e Chinatown Market lanciarono un paio tye-dye e Journal Standard un paio in pelle; a settembre arrivò la terza collaboraizone con PLEASURES e la prima con Bad Bunny, un’altra con Nicole McLaughlin e, infine, quella con Justin Bieber. Una serie di collaborazioni stupefacente che però conferma lo status di icona culturale di cui oggi gode il brand – oltre che la sua straordinaria versatilità. Come Michelle Poole, vicepresidente del Global Product & Marketing di Crocs, ad Highsnobiety: