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GIORGIO CAMPAGNOLO nominato CAVALIERE DEL LAVORO

Adidas e Puma: forse non tutti sanno che all’origine di queste due multinazionali c’è una storia, bella e drammatica insieme. Una storia che vede la crescita di un’impresa durante una fase di sviluppo industriale ed economico della Germania, ma anche nel travagliato periodo storico dell’ascesa politica di Hitler e del Terzo Reich, che sfociò nella Seconda guerra mondiale. Le vicende politiche del loro Paese e la loro diversità di vedute portarono i due fratelli tedeschi, prima legatissimi, a diventare nemici. E concorrenti. La storia è diventata un film, nel 2016, Adidas vs Puma-Due fratelli in guerra, di Oliver Dommenget.

Tutto inizia nel 1924, a Herzogenaurach, cittadina tedesca della Baviera. Qui Adolf, “Adi” Dassler, 24 anni, visionario e sognatore, intuisce la necessità di un nuovo prodotto: le scarpe sportive. «Un giorno i migliori atleti del mondo avranno ai piedi le mie scarpe. Mancano solo la materia prima e i soldi». Lascia il suo lavoro in fabbrica e propone al fratello Rudolf, Rudi (detto “il puma”, di due anni più grande e con più senso pratico), di unire le forze: le abilità tecniche dell’uno e quelle commerciali dell’altro. «Noi due, insieme, e nessuno più riderà di noi». Così partono da un piccolo laboratorio, poi ottengono un finanziamento e, in 10 anni, diventano una delle principali imprese della Germania, con una produzione di 200mila paia di scarpe all’anno. Nei Giochi Olimpici del 1928, molti concorrenti scelgono le loro scarpe: tacchettate per i calciatori e chiodate per gli atleti su pista.

«Io voglio i migliori»

La svolta è nel 1936, quando Adi sfida il fratello e il regime, fornendo le sue scarpe al campione afroamericano Jesse Owens. «Abbiamo l’obbligo di dare le scarpe solo agli atleti tedeschi. Poi lui è negro!» dice Rudi. «Me ne infischio del colore: voglio i migliori!» si impone Adi. Con le loro scarpe ai piedi, Jesse Owens vince 4 ori alle Olimpiadi di Berlino nel 1936 e fa infuriare Hitler.

Scoppia la guerra. Anche a causa alla scelta di dare la scarpe a Owens, arriva l’ordine di limitare la produzione delle scarpe, poi di interromperla, passando alla produzione di armi. Adi, ritenuto un lavoratore indispensabile, è esentato. «Forse chi sa creare scarpe è considerato più utile di chi sa solo venderle» dice Adi. Rudi viene richiamato al fronte. Ciò acuisce le tensioni tra i due. A guerra finita, quando gli americani scoprono che l’azienda aveva prodotto armi, stanno per distruggerla. Adi spiega: «Facciamo scarpe! Siamo stati costretti a produrre armi». Ma sembra tutto inutile, finché la moglie di Adi mostra ai soldati le foto di Jesse Owens che indossa le loro scarpe. Questo salva la fabbrica, ma i contrasti tra i fratelli diventano insanabili.

Frattura definitiva

Nel 1947, i due si separano. La maggior parte dei dipendenti sta con Adi, che fonda la Adidas (dalle iniziali del suo nome e del suo cognome). La forza vendite, invece, segue Rudi che fonda la Puma (chiamata così per il suo soprannome). Puma sceglie il segno grafico della striscia bianca, mentre Adidas risponde con tre linee. Il primo confronto importante
tra i due è in occasione della finale dei Mondiali del 1954. La squadra tedesca, che non aveva mai vinto il titolo, chiede ai due imprenditori di fornire le scarpe e fare da sponsor. Rudi rifiuta, Adi accetta. La Germania vince. Nel film di Dommenget, si mostra Rudi che fa i complimenti al fratello. In realtà, la rottura tra i due non si rimarginerà mai. Adi neanche si presenterà al funerale del fratello.

Oggi Adidas è il maggior produttore di abbigliamento sportivo d’Europa e il secondo al mondo. Nel 1973 il figlio di Adi, Horst, ha fondato la Arena, azienda specializzata in abbigliamento per il nuoto. Anche Puma ha raggiunto il successo, fornendo le scarpe al grande Pelè. Oggi ha quasi 7.000 dipendenti e distribuisce i suoi prodotti in 80 Paesi. Ma la storia ha un lieto fine, perché nel 2009 nella città di Herzogenaurach, tuttora sede di entrambe le aziende, i dipendenti di Adidas e Puma hanno messo fine alle ostilità giocando una partita di calcio insieme.

Tratto dall’articolo “L’impresa nel DNA” pubblicato su Millionaire di ottobre 2019.